Il passaggio all’euro non è stato tutto rose e fiori per l’economia italiana. L’Italia entrò nell’euro con un cambio di circa 2000 lire per euro ( 1936,27 per la precisione). Ciò significa che se l’individuo X guadagnava 2 milioni di lire al mese, avrebbe percepito uno stipendio di 1033 euro al mese. Questo tasso venne fissato all’inizio del 1999 mentre la conversione vera e propria avvenne nel 2002.

Ora l’opinione pubblica pensa che il cambio sia stato sbagliato, ovviamente a sfavore del popolo italiano e probabilmente il pensiero “populista” ci porta a designare come colpevole la Germania. Secondo questa tesi il cambio sarebbe dovuto essere 1 euro = mille lire. Ciò significa che 2 milioni di lire sarebbero equivalenti a 2000 euro. Questo individuo avrebbe quindi avuto il doppio della retribuzione reale, avrebbe raddoppiato il suo potere d’acquisto, insomma sarebbe stato il sogno di chiunque no? Il problema è che in economia non sempre ci si può permettere di fermarsi senza ragionare ulteriormente.

La realtà dei fatti è diversa ma dobbiamo prima di tutto capire una cosa. Il cambio a 2000 lire non è stato inventato a caso da Prodi e Ciampi bensì è un valore più o meno coerente con i tassi di cambio prevalenti sui mercati finanziari prima dell’entrata nell’euro se si volevano mantenere invariati i rapporti di cambio tra i vari paesi dell’area euro.

Nell’1998 occorrevano circa 1000 lire per comprare un marco tedesco. Quando la Germania entrò nell’euro il tasso di cambio fu il seguente: 1,95583 marchi per euro, cioè circa 2 marchi per un euro. Ciò comportava che, per mantenere invariato il cambio rispetto alla Germania, circa 2000 lire venissero scambiate con un euro. Quindi se un euro valeva 2 marchi allora un euro sarebbe dovuto essere equivalente a 2000 lire, visto che prima dell’euro con 2000 lire si compravano 2 marchi.

Sulla base di cosa l’italia avrebbe dovuto pretendere un cambio diverso da quello che avrebbe potuto mantenere invariato il cambio tra Italia e Germania? Non è chiaro.

Supponiamo che l’Italia fosse riuscita a ottenere il cambio tanto desiderato : 1000 lire = 1 euro. In questo modo “saremo stati tutti più ricchi”. Questo fatto avrebbe fatto crollare e fallire le esportazioni del nostro paese. Perché? Ipotizziamo che un’impresa abbia un dipendente pagato 2 milioni di lire al mese e che in un mese producesse una sedia. Supponiamo che non vi siano costi aggiuntivi se non quello del dipendente e non vi siano profitti. L’impresa vende quindi la sedia per un prezzo di 2 milioni di lire che è l’equivalente di 2000 euro (secondo il nostro ipotetico cambio tanto desiderato). Negli altri paesi europei invece avremmo un prezzo delle sedie di 1000 euro. A questo punto risulta chiaro che i prodotti italiani non avrebbero trovato nessun acquirente. L’azienda avrebbe dovuto vendere il prodotto a 1000 euro per essere competitiva e avrebbe quindi operato in perdita. Risultato: l’impresa fallisce, il dipendente è diventato disoccupato e di certo non più ricco.

Possiamo due estrapolare due cose fondamentali:

  1. Il cambio 2000 lire = 1 euro era inevitabile
  2. Entrare con un tasso di cambio di 1000 lire = 1 euro non ci avrebbe reso più ricchi, anzi ci avrebbe rovinato.