A due giorni dal voto, sono state raccolti più di due milioni di firme per rifare il referendum (che tenerezza: “non ci è piaciuto com’è venuto, dai, si rifà?”) mentre Trump, per il quale la Scozia è probabilmente quello che per noi è il principato di Seborga, dice agli scozzesi “bravi per la Brexit” e la Meloni pensa che Dublino sia una città inglese. Più che alla mia personale delusione penso a cosa succederà, cercando come tutti di leggere il più possibile: qui il riassunto con fact-checking di Valigia Blu che sottolinea come la notizia dei giovani britannici paladini dell’Europa contro i vecchi inglesi conservatori ed egoisti sia, in realtà, solo un sondaggio pre-voto moderatamente attendibile.
Qui una dettagliata analisi di Luca Sofri (con alcuni link interessanti) che cerca di allargare lo sguardo e di capire i collegamenti mondiali. Tra Brexit e Trump, ad esempio. Tra Brexit e Marine Le Pen.
Personalmente vorrei condividere la visione di Dino Amenduni che spera nasca dal dopo-Brexit la democrazia del post-vaffanculo. Che succeda, insomma, come quando arriva una bocciatura a scuola: si può tracollare ulteriormente o mettersi in riga per l’anno dopo.