Report installazione antenne

AS1551 – OSTACOLI NELL’INSTALLAZIONE DI IMPIANTI DI TELECOMUNICAZIONE MOBILE E BROADBAND
WIRELESS ACCESS E ALLO SVILUPPO DELLE RETI DI TELECOMUNICAZIONE IN TECNOLOGIE 5G
Roma, 21 dicembre 2018
Senato della Repubblica
Camera dei Deputati
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ministero dello Sviluppo Economico
Conferenza Unificata Stato–Regioni, Città e Autonomie Locali
Presidente della Regione Abruzzo
Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Presidente della Regione Lombardia
Presidente della Regione Marche
Presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta
Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano
Presidente della Provincia Autonoma di Trento
Associazione Nazionale Comuni Italiani
L’Autorità, nell’adunanza del 12 dicembre 2018, ha deliberato di inviare, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 10 ottobre
1990, n. 287, una segnalazione relativa agli ostacoli all’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e
broadband wireless access presenti nelle normativa locale (comunale e provinciale), regionale e nazionale. Si tratta in
particolare di previsioni normative locali o regionali le quali fissano limiti e divieti all’installazione di impianti di
telecomunicazione o stabiliscono procedure amministrative di autorizzazione all’istallazione degli impianti difformi
rispetto a quanto previsto dal quadro normativo statale.
Tali ostacoli restringono ingiustificatamente la concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni e rischiano di
determinare ricadute negative rilevanti sui livelli di servizio erogati ai consumatori e alle imprese, nonché sulla
competitività dell’Italia nei confronti di altri Paesi. Le criticità concorrenziali derivanti da queste restrizioni sono
destinate ad accentuarsi nell’attuale fase di transizione alle tecnologie 5G, che rischia di subire un rallentamento,
andando a vanificare l’impegno che l’Italia ha profuso con riguardo alle tecnologie 5G, muovendosi in anticipo rispetto
ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze.
In particolare, il mercato delle telecomunicazioni mobili in Italia è stato interessato dall’entrata di diversi operatori,
infrastrutturati e virtuali, che hanno incrementato negli scorsi anni i servizi erogati, soddisfacendo così le esigenze di
connettività mobile del Paese. Allo stesso modo, i servizi di broadband wireless access (BWA) hanno permesso di
connettere aree del territorio svantaggiate, precedentemente non raggiunte da connessioni fisse ad alta velocità.
Appare quindi prioritario il mantenimento e l’ampliamento della concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni mobili
e fisse, rimuovendo gli ostacoli non necessari e riducendo i costi e le tempistiche dei procedimenti amministrativi, così
da ridurre le barriere all’entrata e la discriminazione tra operatori storici e nuovi operatori, nonché tra tecnologie preesistenti e nuove tecnologie.
La tecnologia 5G rappresenta un’opportunità di crescita della competitività del Paese e un fattore di innalzamento dei
livelli di concorrenza. Infatti, tale tecnologia permetterà l’erogazione di nuovi servizi che, oltre alle comunicazioni
interpersonali, interesseranno diversi comparti industriali, quali energia e utilities, manifatturiero, trasporti, sanità,
agricoltura, automazione, servizi finanziari. Studi recenti stimano che questa tecnologia potrà determinare un impatto
sul prodotto globale del 4-5%1. Ne consegue che appare indispensabile favorirne lo sviluppo mediante l’eliminazione di
restrizioni ingiustificate e non necessarie, nonché attraverso la definizione di best practice per le amministrazioni locali
volte ad indirizzare la propria azione amministrativa ai principi di efficienza ed efficacia.
La Direttiva 2014/61/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, recante “misure volte a ridurre i
costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”, ha evidenziato la necessità di attuare
politiche che permettano di abbattere i costi dell’installazione della banda larga sull’intero territorio dell’Unione, anche

1 [Cfr. IHS, 2017, The 5G economy: How 5G technology will contribute to the global economy.]
attraverso una corretta pianificazione, un corretto coordinamento e la riduzione degli oneri amministrativi2. Infatti, una
parte preponderante di tali costi è imputabile a inefficienze nel processo di posa delle infrastrutture (ad esempio,
installazioni di antenne, tralicci e altre strutture di supporto), a rallentamenti legati al coordinamento delle opere civili,
a procedure amministrative farraginose di rilascio delle autorizzazioni, che comportano rilevanti ostacoli finanziari, in
particolare nelle zone rurali. L’articolo 7 della suddetta Direttiva, in particolare, prevede che le autorità competenti
rilascino, o rifiutino, le autorizzazioni entro quattro mesi dalla data di ricevimento di una richiesta completa di
autorizzazione. Inoltre, la Direttiva individua altri strumenti da implementare nel processo di autorizzazione, quali la
previsione di uno “sportello unico” e la messa a disposizione di informazioni minime che devono essere rese agli
operatori di telecomunicazioni.
Il quadro normativo
Al fine di analizzare le criticità riscontrate nelle attività di installazione degli impianti di telecomunicazione mobile,
occorre preliminarmente esaminare il quadro normativo nazionale, di derivazione europea, nonché i principi
giurisprudenziali consolidatisi in materia.
Il Decreto Legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il “Codice delle Comunicazioni Elettroniche”, agli articoli 87 e ss.,
ha inteso favorire un’applicazione univoca e uniforme del regime autorizzatorio degli impianti di telecomunicazione
mobile su tutto il territorio nazionale, definendo modalità e tempistiche del procedimento di autorizzazione, nonché le
amministrazioni preposte al rilascio delle autorizzazioni.
Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche qualifica gli impianti di telefonia come “opere di urbanizzazione primaria”
(articolo 86, comma 3) e ne riconosce la natura di pubblica utilità (articolo 90). In tal senso si è altresì espressa la
giurisprudenza la quale ha riconosciuto che l’installazione sul territorio non costituisce un interesse privato delle
imprese, ma un preciso interesse primario della collettività: “le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali,
risultano in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio
comunale, sottolineandosi che la disposizione dell’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/1993 ha in tal modo
evidenziato il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti
pubbliche di comunicazioni”
3.
In secondo luogo, quanto alle caratteristiche dell’iter autorizzatorio, il Codice delle Comunicazioni Elettroniche: i)
introduce l’istituto del “silenzio assenso”, con l’obiettivo di definire tempi certi di risposta da parte delle Pubbliche
Amministrazioni; ii) stabilisce forme di semplificazione per l’installazione di impianti di telecomunicazione a bassa
potenza e iii) prevede un procedimento semplificato per le modifiche non sostanziali delle caratteristiche trasmissive
degli impianti per mera manutenzione o semplice ammodernamento degli stessi4. Inoltre, l’articolo 35, commi 4 e 4-
bis, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modifiche dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111, sancisce
ulteriori previsioni di semplificazione per talune categorie di impianti emittenti5.

2 [Cfr. Direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 , recante misure volte a ridurre i costi
dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, GUCE [2014] L155/1, considerato n. 4.]
3 [Cfr. Consiglio di Stato, sentenza 1° agosto 2017, n. 3853.]
4 [Nel dettaglio, gli articoli 87 e ss. del Codice delle Comunicazioni Elettroniche stabiliscono che l’installazione di infrastrutture
trasmissive per le comunicazioni elettroniche e la modifica delle caratteristiche di emissione delle stesse sono soggette al rilascio di
autorizzazione da parte degli enti locali competenti, previo accertamento, da parte delle Agenzie Regionali per la Protezione
dell’Ambiente (ARPA/ARTA), in merito alla compatibilità dell’impianto con i limiti alle emissioni elettromagnetiche.
L’articolo 87 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche prevede, in sintesi, che l’autorizzazione comunale sia rilasciata a seguito di un
procedimento avviato con il deposito, presso gli uffici territorialmente competenti del Comune e dell’ARPA, di un’istanza corredata da
una serie di documenti e informazioni finalizzati ad attestare la conformità dell’impianto ai diversi obblighi applicabili. Tale istanza si
intende accolta qualora non sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte del Comune o un parere negativo da parte
dell’ARPA entro i successivi 90 giorni.
Procedure semplificate per alcune fattispecie (ad esempio, installazione o modifica di impianti con determinate caratteristiche) sono
stabilite dall’articolo 87-bis del Codice delle Comunicazioni Elettroniche che, nel caso di installazione o modifica degli apparati per la
trasmissione di tecnologie UMTS/3G o sue evoluzioni (ad esempio, LTE/4G), ha previsto la possibilità di presentare una segnalazione
certificata di inizio attività (“SCIA”), che sarà priva di effetti solamente qualora, entro i successivi trenta giorni dalla sua presentazione,
sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte del Comune o un parere negativo da parte dell’ARPA. Infine, l’articolo 87-ter
dispone che, nel caso di modifiche delle caratteristiche degli impianti già provvisti di titolo abilitativo, che comportino aumenti delle
altezze non superiori a un metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, sia sufficiente
un’autocertificazione descrittiva della variazione dimensionale e del rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all’articolo 87, da
inviare contestualmente all’attuazione dell’intervento ai medesimi organismi che hanno rilasciato i titoli.]
5 [In particolare, ai sensi di queste disposizioni “Al fine di agevolare la diffusione della banda ultralarga in qualsiasi tecnologia e di
ridurre i relativi adempimenti amministrativi, sono soggette ad autocertificazione di attivazione, da inviare contestualmente
all’attuazione dell’intervento all’ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all’articolo 14 della legge 22
febbraio 2001, n. 36, le installazioni e le modifiche, ivi comprese le modifiche delle caratteristiche trasmissive degli impianti di cui
all’articolo 87-bis del codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, degli impianti radioelettrici per trasmissione puntopunto e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per l’accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima in
singola antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati […] Ai
medesimi fini indicati al comma 4, l’installazione e l’attivazione di apparati di rete caratterizzati da una potenza massima trasmessa in
uplink inferiore o uguale a 100 mW, e da una potenza massima al connettore di antenna, in downlink, inferiore o uguale a 5 W, e aventi
un ingombro fisico non superiore a 20 litri, possono essere effettuate senza alcuna comunicazione all’ente locale e agli organismi
competenti ad effettuare i controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36”.]
Le misure relative al rispetto delle emissioni elettromagnetiche sono invece disciplinate dalla Legge 22 febbraio 2001,
n. 36, recante “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (nel
seguito anche “Legge Quadro”) e dal D.P.C.M. 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di
attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”. La Legge Quadro, in particolare, stabilisce
le competenze dei diversi livelli di governo6 e regola, all’articolo 7, la costituzione del catasto nazionale delle sorgenti
fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che opera in coordinamento con i catasti regionali di
cui all’articolo 8, comma 1, lettera d), della medesima legge.
Infine, il D.P.C.M. 8 luglio 2003, in esecuzione della citata Legge Quadro, stabilisce: l’ambito di applicazione (articolo 1)
– che riguarda i campi elettromagnetici generati da sorgenti fisse con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz ad
eccezione delle sorgenti non riconducibili ai sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi (a cui si applicano le
restrizioni di cui alla Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 19997) e di impianti radar e ad esposizioni pulsate (a
cui si applica un differente D.P.C.M.) – le unità di misura (articolo 2), i limiti di esposizione e valori di attenzione
(articolo 3), gli obiettivi di qualità (articolo 4), le norme in materia di esposizioni multiple (articolo 5), la definizione
delle tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione (articolo 6).
Le principali criticità riscontrate a livello comunale, provinciale e regionale
L’analisi dei procedimenti che regolano l’installazione degli impianti di telecomunicazione ha portato alla luce diverse
criticità concorrenziali, derivanti dalla regolamentazione locale (comunale e provinciale) o regionale, che hanno l’effetto
di rallentare o ostacolare la realizzazione delle reti di telecomunicazione mobile e di fixed wireless access, comportando
una copertura incompleta, incrementando i costi amministrativi e determinando una discriminazione tra operatori
storici e nuovi operatori, nonché tra tecnologie pre-esistenti e nuove tecnologie. Al riguardo, si ricorda peraltro che
l’Autorità ha, in molteplici occasioni, riconosciuto l’importanza di una corretta azione amministrativa al fine di favorire
l’infrastrutturazione tecnologica del Paese8.
La prima tipologia di criticità deriva dalla circostanza che numerosi regolamenti comunali adottati ai sensi dell’articolo
8, comma 6, della Legge Quadro presentano criteri di localizzazione che precludono e/o fortemente limitano
l’installazione di impianti di telecomunicazione in ampie porzioni del territorio comunale.
La maggior parte dei regolamenti comunali, infatti, prescrive criteri di localizzazione degli impianti che non tengono
conto delle esigenze tecniche legate all’architettura della rete e agli obiettivi di copertura del servizio offerto dagli
operatori, risultando non proporzionati in quanto non permettono, in molti casi, l’installazione degli impianti e, quindi,
impediscono la copertura di rete. Non è infrequente infatti riscontrare divieti di installazione in ampie zone del
territorio, soprattutto nelle aree a destinazione residenziale, che restringono fortemente gli ambiti in cui gli operatori
possono di fatto collocare i propri impianti, inibendo così lo sviluppo, se non addirittura, la realizzazione stessa della
rete.
Si deve osservare che divieti di installazione possono comportare un aumento delle emissioni elettromagnetiche,
ponendosi in antitesi con gli obiettivi di minimizzazione dell’esposizione. Ciò in quanto l’inserimento di prescrizioni
aggiuntive rispetto a quelle previste dalla normativa nazionale potrebbe determinare una inefficienza della rete degli

6 [Lo Stato esercita (articolo 1) le funzioni relative: “a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli
obiettivi di qualità […]; c) all’istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici e delle zone territoriali interessate, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente; […] e) all’individuazione
delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico; […] h) alla determinazione dei parametri per la
previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti; all’interno di tali fasce di rispetto non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso
residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad uso che comporti una permanenza non inferiore a quattro ore”.
Sono di competenza delle Regioni (articolo 8, commi 1-5), “nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi
di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a)
l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti
radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispetto del decreto di cui all’articolo
4, comma 2, lettera a), e dei principi stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 5; […] c) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni
alla installazione degli impianti di cui al presente articolo, in conformità a criteri di semplificazione amministrativa, tenendo conto dei
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici preesistenti; d) la realizzazione e la gestione, in coordinamento con il catasto nazionale di
cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), di un catasto delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, al fine di
rilevare i livelli dei campi stessi nel territorio regionale, con riferimento alle condizioni di esposizione della popolazione; […] 2.
Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, lettere a) e c), le regioni si attengono ai principi relativi alla tutela della salute pubblica,
alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio. […] 4. Le regioni, nelle materie di cui al comma 1,
definiscono le competenze che spettano alle province ed ai comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249”.
I comuni (articolo 8, comma 6) “possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.]
7 [Cfr. Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE) in GUCE 30 luglio 1999, n. L 199.]
8 [Cfr. ex multis Segnalazione del 31 gennaio 2013 ai sensi dell’articolo 21 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 caso AS1028 – Comune
di San Filippo del Mela (ME) – Regolamento per l’installazione e l’esercizio degli impianti per la telefonia mobile e per le trasmissioni in
standard DVB-H, in boll. n. 11/2013; Parere motivato del 31 ottobre 2017 ai sensi dell’articolo 21-bis della Legge 10 ottobre 1990, n.
287 caso AS1464 – Avviso esplorativo per manifestazione di interesse dell’azienda ospedaliera S. Camillo Forlanini, in boll. n. 1/2018.]
operatori che si traduce nella necessità per questi ultimi di installare un maggior numero di impianti per compensare
l’impossibilità di installare gli stessi in determinate zone del Comune9.
Tali restrizioni sono state ritenute illegittime sia dalla giurisprudenza costituzionale, sia dalla giurisprudenza
amministrativa, in quanto si traducono in un divieto tout court di installazione in ampie zone del territorio, senza alcun
bilanciamento puntuale e concreto dei differenti interessi pubblici da tutelare, in violazione del disposto di cui
all’articolo 86, comma 3, del Decreto Legislativo n. 259/2003, il quale ha assimilato gli impianti di comunicazioni
elettroniche alle opere di urbanizzazione primaria e a carattere di pubblica utilità10.
Inoltre, alcuni regolamenti comunali e alcune ARPA fissano in modo ingiustificato limiti alle emissioni elettromagnetiche
e di potenza, in difformità rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale, ostacolando così ingiustificatamente
l’installazione di impianti di telecomunicazione nel territorio di cui trattasi. A tale riguardo, si rileva che i valori delle
emissioni da rispettare sono fissati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, ispirato a principi di minimizzazione alle esposizioni e di
precauzione. Inoltre, in materia di inquinamento elettromagnetico, la Legge Quadro affida in via esclusiva allo Stato la
determinazione degli “obiettivi di qualità”, al fine di uniformare i livelli di tutela della salute umana su tutto il territorio
nazionale e garantire una efficiente gestione degli impianti di telecomunicazione11.
Un’ulteriore criticità riguarda la violazione o la erronea applicazione delle procedure autorizzatorie previste dal Codice
delle Comunicazioni. In proposito si segnala innanzitutto che – in contrasto con l’obiettivo fissato dal Codice delle
Comunicazioni e dalla Legge Quadro di definire un processo di autorizzazione specifico, unitario, semplificato e con
tempi certi – molti Comuni continuano a imporre agli operatori la presentazione del permesso a costruire sebbene,
come previsto dagli articoli 86 e ss. del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e confermato dalla giurisprudenza12,
l’installazione di impianti di telecomunicazione non è assoggettabile alle procedure previste per il rilascio di
concessione edilizia di cui al Testo Unico sull’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Inoltre, alcuni regolamenti locali prescrivono una documentazione da allegare alle istanze per l’installazione di impianti
per telecomunicazioni ulteriore e più dettagliata rispetto a quella prescritta dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche
(es. perizia giurata), in contrasto non solo con i principi, di derivazione europea, di semplificazione e non
aggravamento del procedimento amministrativo13, ma anche con quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza
amministrativa, secondo la quale l’Amministrazione non può esigere documenti diversi da quelli di cui all’allegato 13,
modello A o B del Codice delle Comunicazioni Elettroniche14.
Infine, le amministrazioni spesso impongono il pagamento dei diritti di segreteria e/o di istruttoria, il cui mancato
versamento è motivo sospensivo e/o ostativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie. Tali richieste di pagamento
sono state ritenute illegittime dalla giurisprudenza, che ha affermato, sia con riferimento ai regolamenti locali sia alle
leggi regionali, l’inapplicabilità di qualsiasi onere aggiuntivo rispetto a quelli previsti dalla legge statale per i suddetti
procedimenti di autorizzazione15. Questa ricostruzione è confermata dall’interpretazione autentica del comma 2
dell’articolo 93 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, operata dall’articolo 12, comma 3, del Decreto Legislativo
15 febbraio 2016, n. 33, il quale precisa che la norma in parola deve essere interpretata nel senso che gli operatori che
forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni
espressamente previsti dal comma 2 dell’articolo 93 del Decreto Legislativo n. 259/200316.

9 [Sul punto si veda TAR Bolzano, sentenze n. 183/2016, 201/2016 e 210/2016.]
10 [Cfr. Consiglio di Stato, 1° agosto 2017, n. 3853; 3 agosto 2017, n. 3891; 21 aprile 2008, n. 1767. Si veda altresì Corte
Costituzionale, sentenze n. 331/2003 e n. 307/2003.]
11 [Si ricorda, inoltre, che secondo gli orientamenti giurisprudenziali consolidati: “è illegittimo un regolamento comunale in tema di
fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove l’ente territoriale si sia posto quale obiettivo (non dichiarato, ma evincibile
dal contenuto dell’atto regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di
radiocomunicazione, essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Stato-Regioni dell’art. 117 Cost., come riformato data
L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3”. Pertanto, fermo restando il riconoscimento indiscusso del potere regolamentare comunale (ai sensi
dell’articolo 8 della Legge Quadro), esso non può spingersi fino al punto di ritenere che al Comune sia consentito di introdurre limiti di
esposizione al campi elettromagnetici diversi da quelli previsti dallo Stato (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 2128 del 24 settembre
2010; sentenza n. 8103 del 16 dicembre 2009; TAR Toscana Firenze, sentenza n. 664 del 15 maggio 2018).]
12 [Cfr., ex multis, TAR Napoli, 10 febbraio 2014, n. 922, Consiglio di Stato, 21 aprile 2008, n. 1767]
13 [Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 450/2006.]
14 [Cfr. Consiglio di Stato, sentenza del 9 luglio 2018, n. 4189; TAR Campania Napoli, sentenza del 28 marzo 2008, n. 1630.]
15 [Con riferimento ai diritti di segreteria e ai diritti di istruttoria, “la relativa imposizione contrasta con l’art. 93, comma 2, del D.lgs. n.
259 del 2003, che vieta di subordinare il rilascio delle autorizzazioni in materia di telecomunicazioni ad oneri economici diversi rispetto a
quelli individuati dal legislatore statale e non rientranti nell’ambito dell’elencazione ammessa dal Codice delle telecomunicazioni” (cfr.
TAR Pescara n. 511/2013; TAR Cagliari n. 119/2010). La Corte costituzionale, con sentenza del 10 febbraio 2015, n. 47, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14 della L.R. Piemonte 3 agosto 2004, n. 19 in quanto, “l’articolo in esame, imponendo il
pagamento di spese per attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni all’installazione e modifica di impianti per telecomunicazioni
non previste della legge statale, si pone in contrasto con l’art. 93 del D.lgs. n. 259/2003, espressione di un principio fondamentale della
materia “ordinamento della comunicazione” e il quale prevede che “Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni
non possono imporre per l’impianto di reti a per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti
per legge”.]
16 [Attuativo della Direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 e recante “misure volte a ridurre i
costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”. Il comma 3, dell’art. 12 recita: “L’articolo 93, comma 2, del
decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di
Inoltre, ulteriori criticità derivano dalla circostanza che i procedimenti amministrativi di autorizzazione all’installazione
di impianti di telecomunicazione risultano eterogenei e farraginosi. In particolare, con riferimento alle modalità di
presentazione dell’istanza di autorizzazione, spesso i moduli utilizzati sono difformi rispetto a quelli previsti dal Codice
delle Comunicazioni Elettroniche, le modalità di presentazione delle domande sono eterogenee (via PEC, in modalità
cartacea, tramite sportello unico) e, in alcuni casi, non vengono individuati gli Uffici preposti a gestire il processo di
autorizzazione. Ciò comporta una dilatazione dei tempi del procedimento amministrativo, in violazione dei principi di
economicità e buon andamento, nonché degli obiettivi fissati dal Codice delle Comunicazioni. Sul punto si apprezza il
modello implementato dalla Regione Sardegna, la quale prevede che le richieste di autorizzazione vengano trasmesse
al SUAP (sportello unico attività produttive) il quale riunisce tutte le amministrazioni interessate che adottano un
provvedimento unico, garantendo certezza dei tempi. Tale modello, quindi, appare in linea con gli strumenti individuati
dalla Direttiva 2014/61/UE. Altri esempi virtuosi sono rappresentati dai protocolli tra operatori e amministrazioni locali
stipulati per la sperimentazione del 5G, volti a individuare uffici e procedure di coordinamento con altre
amministrazioni, a promuovere l’utilizzo del patrimonio edilizio degli enti locali e a creare canali di comunicazione che
agevolano l’interlocuzione con gli operatori di telecomunicazione.
In tema di attività svolta dalle ARPA regionali per la verifica del rispetto dei limiti elettromagnetici, si è osservato che –
in alcuni casi – le stesse ARPA hanno autorizzato gli operatori esistenti per valori di potenza nominali superiori rispetto
a quelli effettivamente erogati in servizio; in questo modo, spesso, i limiti elettromagnetici sono ritenuti saturati
sebbene – andando a considerare il valore reale e non nominale/teorico – vi sarebbe spazio per l’istallazione di un
impianto presso lo stesso sito. Inoltre, nella presentazione delle istanze di autorizzazione, alcune ARPA non forniscono
le informazioni riguardanti le caratteristiche elettromagnetiche e/o le schede tecniche degli impianti preesistenti. Per
tale motivo gli operatori devono stimare il campo elettromagnetico, aumentando la probabilità di errore e, quindi, di
diniego, quando le ARPA dispongono già della mappatura completa degli impianti preesistenti e, quindi, di una
misurazione certa senza necessità di stime. Su questo punto, un esempio virtuoso è quello dell’ARPA Friuli Venezia
Giulia, la quale ha costituito una piattaforma web contenente i dati degli impianti di tutti gli operatori.
Le specifiche criticità riscontrate nei regolamenti regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano
Nel corso dell’esame delle problematiche relative all’installazione di impianti di telecomunicazione sono state rilevate
altresì alcune criticità presenti nelle previsioni normative di talune Regioni e delle Province Autonome di Trento e
Bolzano. In particolare, in merito alle criticità derivanti dalla difformità dei procedimenti di autorizzazione rispetto a
quelli previsti dalla normativa nazionale, si deve segnalare:
Abruzzo. La Legge Regionale 13 dicembre 2004, n. 45, recante “Norme per la tutela della salute e la salvaguardia
dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico” in diversi articoli relativi all’installazione e al risanamento degli
impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi (articoli 9-11, 13, 15, 21) prevede l’acquisizione di un parere
endoprocedimentale da parte dell’ASL17, in contrasto con la Legge Quadro che attribuisce all’ARTA Abruzzo il controllo
delle emissioni elettromagnetiche. L’onere aggiuntivo comporta un allungamento dell’iter autorizzatorio, in contrasto
con la normativa nazionale ed europea citata in precedenza.
Provincia Autonoma di Bolzano. Il Decreto del Presidente della Provincia 13 novembre 2013, n. 36, recante
“Regolamento sulle infrastrutture delle comunicazioni con impianti ricetrasmittenti”, agli articoli 10 e 11 prevede
procedure di autorizzazione difformi rispetto a quelle previste dagli articoli 87, 87-bis e 87-ter del Codice delle
Comunicazioni Elettroniche e più onerose per gli operatori18.
Provincia Autonoma di Trento. Il Decreto del Presidente della Provincia 20 dicembre 2012, n. 25-100/Leg., recante
“Disposizioni regolamentari concernenti la protezione dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz (articolo 61 della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10 e
articolo 5-ter della legge provinciale 28 aprile 1997, n. 9)”, all’articolo 6, presenta procedure di autorizzazione difformi
rispetto a quelle previste dagli articoli 87, 87-bis e 87-ter del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e più onerose per
gli operatori.
Friuli Venezia Giulia. La Legge Regionale 18 marzo 2011, n. 3, recante “Norme in materia di telecomunicazioni”, in
particolare l’articolo 16, comma 6, prevede che la Giunta comunale trasmetta al Ministero per i Beni e le Attività
Culturali e ai suoi uffici periferici il piano di sviluppo della rete degli operatori, qualora quest’ultimo interessi beni
culturali. Tuttavia, ciò dovrebbe avvenire solo al momento della presentazione della richiesta di autorizzazione per il
singolo sito, come previsto dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice del Paesaggio). Pertanto, la norma
comporta la duplicazione del nulla osta da parte degli enti preposti alla tutela dei beni culturali, il quale viene richiesto

comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2
della medesima disposizione.”.]
17 [Cfr. TAR Pescara, sentenza 248/2017.]
18 [Sul punto si ricorda che, secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 312 del 15 ottobre 2003, “l’art. 117, comma terzo, della
Costituzione ha attribuito alla competenza legislativa regionale concorrente l’ordinamento delle comunicazioni e tale attribuzione di
competenza si deve estendere, in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, anche alla Provincia di Bolzano, alla quale,
invece, resta precluso dall’art. 8 n. 4 dello statuto l’esercizio della potestà legislativa esclusiva in ordine alla facoltà di impiantare
stazioni radiotelevisive. Ciò significa che le attività che possono essere sviluppate dalla Provincia di Bolzano nel settore delle
comunicazioni debbono rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia da una serie di leggi statali […]”.]
sia in fase preliminare, sia in fase di specifico intervento. In tal modo si dilatano i tempi di autorizzazione, in contrasto
con le previsioni del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e con gli obiettivi definiti dall’articolo 7 della Direttiva
2014/61/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio.
Valle d’Aosta. La Legge Regionale 4 novembre 2005, n. 25, recante “Disciplina per l’installazione, la localizzazione e
l’esercizio di stazioni radioelettriche e di strutture di radiotelecomunicazioni. Modificazioni alla legge regionale 6 aprile
1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta), e abrogazione della legge
regionale 21 agosto 2000, n. 31” prevede (articolo 11, comma 3, lett. b) l’autorizzazione e il parere dell’ARPA per tutti
gli impianti di telecomunicazione mobile, quindi anche quelli con potenza fino a 10 Watt, in contrasto con l’articolo 35,
comma 4, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modifiche dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111 (citato
in precedenza). Ciò comporta altresì il pagamento degli oneri per l’ottenimento del parere previsti dall’articolo 64 della
Legge Regionale n. 221/2015. Inoltre, l’articolo 13, comma 1, della L.R. 4 novembre 2005, n. 25 prevede l’utilizzo
della SCIA solo per impianti fino a 20 Watt, in contrasto con l’articolo 87-bis del Codice delle Comunicazioni
Elettroniche.
Inoltre, altre norme regionali prevedono restrizioni all’installazione degli impianti di telecomunicazione più stringenti
rispetto a quelli definiti dalla normativa nazionale, in particolare:
Marche. La Legge Regionale 30 marzo 2017, n. 12, recante “Disciplina regionale in materia di impianti radioelettrici ai
fini della tutela ambientale e sanitaria della popolazione”, all’articolo 10 vieta “d) la localizzazione di impianti per
emittenza radiofonica e televisiva sugli edifici destinati a permanenze di persone non inferiore a quattro ore […]; e) la
localizzazione degli impianti disciplinati da questa legge su immobili vincolati con specifico provvedimento ai sensi della
Parte Seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) […]”. Tali disposizioni si traducono in un divieto assoluto di
installazione in ampie aree territoriali e, in particolare, su tutti gli edifici in cui la permanenza di persone è superiore a
quattro ore. Ciò risulta in contrasto con la normativa nazionale, la quale non prescrive divieti assoluti di installazione,
ma unicamente limiti rigorosi alle emissioni elettromagnetiche (obiettivi di qualità). Di conseguenza, la copertura della
rete non è garantita, soprattutto con riferimento ad intere aree urbane, dove la quasi totalità degli edifici è destinata
alla permanenza umana superiore alle quattro ore. Inoltre, tali previsioni introducono un divieto di localizzazione sui
beni soggetti alla tutela del Codice del Paesaggio, in contrasto con gli articoli 21 e seguenti dello stesso codice, i quali
prevedono specifici procedimenti autorizzativi. Peraltro, la legge in questione non prevede meccanismi correttivi, quali
deroghe ai suddetti divieti o la messa a disposizione di siti alternativi dove installare gli impianti. Ne consegue che la
norma in esame non garantisce la localizzazione degli impianti e la copertura di rete.
Parimenti, la Legge Regionale 11 maggio 2001, n. 11 della regione Lombardia, recante “Norme sulla protezione
ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la
radiotelevisione” all’articolo 4 ha introdotto un divieto, senza alcuna deroga, di installazione di impianti con potenza
superiore a 7W nelle aree ad alta densità abitativa; ciò potrebbe risultare incompatibile con le esigenze di corretto
sviluppo e pianificazione della rete, non assicurando l’erogazione del servizio di telecomunicazione e, comportando, in
taluni casi, l’installazione di un numero di impianti superiori rispetto a quelli che sarebbero stati necessari in assenza di
tali restrizioni.
Le criticità relative al quadro normativo-regolamentare nazionale
In merito alle criticità riscontrate in relazione al quadro normativo regolamentare nazionale, si deve osservare che – in
primo luogo – sarebbe auspicabile l’adozione di un indirizzo nazionale al fine di uniformare l’iter autorizzativo da
seguire in caso di realizzazione di impianti di telecomunicazione, definendo chiaramente le procedure e i moduli da
utilizzare e specificando le disposizioni che possono dar luogo a dubbi interpretativi e applicativi che determinano le
problematiche suindicate.
In secondo luogo, si osserva che i problemi di installazione degli impianti di telecomunicazione mobile saranno
accentuati con l’avvento del 5G in relazione alla presenza di limiti elettromagnetici estremamente ridotti rispetto alla
media degli altri Paesi europei, nonché di quanto stabilito dalla Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 199919 e
dal parere della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP20). Tali limiti,
infatti, potrebbero essere incompatibili con l’installazione di impianti di telecomunicazione 5G, soprattutto con
riferimento all’obiettivo di qualità di 6V/m, previsto dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, che è di gran lunga inferiore ai limiti
stabiliti dalla Commissione ICNIRP (compresi tra 39V/m e 61 V/m) e utilizzati da altri Paesi europei (ad esempio,
Francia, Germania, Regno Unito, Spagna). Peraltro, il D.P.C.M. 8 luglio 2003 (articolo 1) prevede che tali limiti si
applichino esclusivamente ai campi elettromagnetici generati da sorgenti fisse, con frequenza compresa tra 100 kHz e
300 GHz, escludendo le sorgenti non riconducibili ai sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi.
Infine, si osserva che, con riferimento ai criteri di misurazione dei campi elettromagnetici di cui al D.P.C.M. 8 luglio
2003, non sono ancora state recepite le nuove metodologie di stima delle emissioni elettromagnetiche, secondo i

19 [Cfr. Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE) in GUCE 30 luglio 1999, n. L 199.]
20 [International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection.]
criteri denominati IEC 62232:201721. Tali specifiche tecniche sono infatti necessarie per tenere conto delle
caratteristiche elettromagnetiche di alcune nuove tipologie di impianti emittenti.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, l’Autorità rileva che gli ostacoli ingiustificati all’installazione di impianti di
telecomunicazione mobile e broadband wireless access precedentemente individuati, restringono la concorrenza nei
mercati delle telecomunicazioni con rilevanti ricadute sui livelli di servizio erogati ai consumatori e alle imprese, nonché
sulla competitività dell’Italia nei confronti di altri Paesi.
Tali restrizioni, inoltre, presentano ulteriori conseguenze sui processi di installazione di nuovi impianti, in particolare: i)
discriminando gli operatori nuovi entranti e le nuove tecnologie; ii) compromettendo l’assolvimento degli obblighi di
copertura e iii) depauperando la qualità e la tipologia di servizi erogabili ai consumatori finali e alle imprese.
È pertanto indispensabile che il quadro normativo regolamentare esistente, a tutti i livelli di governo, abbia come
obiettivo la rimozione di ostacoli non necessari e la riduzione dei costi e tempi amministrativi, così da mantenere e
ampliare i livelli di concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni mobili e fisse, nonché la definizione di best practice
per le amministrazioni locali volte a informare e indirizzare la propria azione amministrativa ai principi di efficienza ed
efficacia.
L’Autorità auspica, di conseguenza, che tutte le amministrazioni interessate dai processi anzi descritti predispongano
azioni concrete al fine di rendere più efficiente ed efficace il procedimento autorizzatorio per l’installazione di impianti
di telecomunicazione.
Quanto ai regolamenti locali (comunali, provinciali) e regionali, l’Autorità auspica che le amministrazioni interessate
definiscano i propri procedimenti amministrativi secondo i seguenti indirizzi generali:

  • eliminare le restrizioni ingiustificate all’installazione di impianti di telecomunicazione che sono state peraltro ritenute
    illegittime dalla costante giurisprudenza costituzionale e amministrativa22, quali a titolo di esempio:
    i. divieti di installazione generalizzata su ampie aree, sia per tutti gli impianti che per specifiche tipologie di
    impianti;
    ii. limiti alle emissioni più restrittivi di quelli previsti dalla normativa nazionale;
    iii. instaurazione di procedimenti non previsti dalla normativa nazionale e, nello specifico, dagli artt. 87-bis e 87-ter
    del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e dall’articolo 35, commi 4 e 4-bis, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98,
    convertito con modifiche dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
    iv. richieste di pareri e certificazioni non previsti dalla normativa nazionale;
    v. imposizione di oneri economici esclusi dalla normativa nazionale;
    vi. imposizione di obblighi asimmetrici e discriminatori che valgono solamente per le nuove installazioni, con effetti
    pregiudizievoli sui nuovi operatori e sulle nuove tecnologie;
  • mettere a disposizione degli operatori di telecomunicazione tutte le informazioni relative agli impianti installati e alle
    loro caratteristiche/schede tecniche, con indicazione dei dati tecnici effettivi e non nominali, nonché relativi alle aree in
    cui è possibile la localizzazione degli impianti;
  • prevedere meccanismi che permettano la localizzazione degli impianti di telecomunicazione, che hanno la qualità di
    opere di urbanizzazione primaria, anche mediante meccanismi di deroga ai criteri di localizzazione degli impianti e
    meccanismi di proposta di siti alternativi. Inoltre, si ritiene auspicabile che i regolamenti locali individuino
    esclusivamente criteri preferenziali di localizzazione e non, al contrario di quanto riscontrato nell’esperienza, di obblighi
    e limiti alla localizzazione;
  • prevedere meccanismi di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione all’installazione di impianti, con la
    previsione di uno sportello unico tramite il quale far transitare tutte le istanze, individuando ruoli di coordinamento tra
    gli uffici della medesima amministrazione e tra amministrazioni diverse, anche utilizzando a tal fine l’istituto della
    conferenza dei servizi di cui agli articoli 14 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241, e strumenti quali i protocolli di
    intesa tra amministrazioni e operatori di telecomunicazione.
    Peraltro, in relazione a singoli casi, l’Autorità si riserva di utilizzare i poteri di cui all’articolo 21-bis della legge 10
    ottobre 1990, n. 287, al fine di richiedere la rimozione di eventuali restrizioni non giustificate, idonee a incidere
    negativamente sulle dinamiche concorrenziali.
    Si auspica, inoltre, che le Regioni Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lombardia e Valle d’Aosta, nonché le Province
    Autonome di Trento e Bolzano, rimuovano le specifiche restrizioni individuate, seguendo gli indirizzi generali suindicati.
    Quanto alla normativa nazionale, l’Autorità auspica che il Parlamento adotti misure per semplificare l’iter autorizzativo
    per l’installazione di small cell, anche in considerazione degli esiti del processo di adozione di misure di
    implementazione, avviato dalla Commissione Europea in data 6 novembre 2018, concernenti “Light deployment regime

21 [International Electrotechnical Commission, Determination of RF field strength, power density and SAR in the vicinity of
radiocommunication base stations for the purpose of evaluating human exposure.]
22 [Si vedano: Corte Costituzionale, sentenze nn. 307/2003 e 331/2003, nonché ex multis Consiglio di Stato sentenze nn. 3891/2017,
3853/2017, 2073/2017, 1361/2014, 3282/2010, 1767/2008, 3156/2007, 3452/2006, 3098/2002; Corte Costituzionale, sentenza n.
47/2015; TAR Pescara n. 511/2013; TAR Cagliari n. 119/2010.]
for small-area wireless access points”
23 e che il Governo e il Ministero dello Sviluppo Economico valorizzino e rendano
pienamente operativo lo strumento del SINFI (catasto delle infrastrutture), al fine di fornire le informazioni necessarie
per l’installazione di impianti, la messa a disposizione delle informazioni relative alla localizzazione degli impianti e le
loro caratteristiche tecniche24. Si auspica, infine, una verifica, con l’ausilio delle competenti commissioni scientifiche,
quali l’Istituto Superiore della Sanità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione internazionale per la
protezione dalle radiazioni non ionizzanti, della validità degli attuali limiti elettromagnetici e degli standard di
misurazione, previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, alla luce delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti in via di
adozione.
La presente segnalazione sarà pubblicata nel Bollettino di cui all’articolo 26 della legge n. 287/90.
IL PRESIDENTE f.f.
Gabriella Muscolo

 

https://www.agcm.it/chi-siamo/collegio/gabriella-muscolo