Europa non è europea. Lo dice il mito.
L’Europa non è solo europea. Lo chiarisce la storia.
La geografia lo mostra: Europa è pregna di sconfini che rendono ardui e mutevoli i tentativi di definirla in una sua fisicità. E i mari e l’Atlantico, a suon di flutti, ora la dividono ora la uniscono al suo restante mondo.
L’Europa è uno spazio alquanto indefinito che smargina il tempo e sopporta le sue slabbrature.
In summa, l’Europa, che è anche europea, ha nei suoi geni i caratteri di Europa mundi.
L’Europa esiste solo in quanto è Europa mundi. L’Europa del mondo.
L’esplodere della crisi afghana ha reso baliosi e incontinenti i lamenti sull’inconsistenza militare dell’Europa, sulla necessità che essa crei un esercito proprio, rafforzi in armi la sua difesa, si metta al pari delle altre grandi potenze per giocare un ruolo analogo nei destini del mondo contemporaneo. Tali posizioni, prive di contraddittorio, nuocciono non solo all’Europa ma al mondo intero e mettono seriamente in pericolo i suoi abitanti.
Per offrire una diversa chiave al problema, è utile chiedersi:
Cos’è l’Europa?
Qual è la sua forza?
Dove inizia, dove finisce, quando e come si definisce? È uno spazio politico o è una politica dello spazio?
La politica vive nell’imperituro imbarazzo di misurare l’Europa. Quanto è grande?
Quanto è piccina?
L’ossessione per la precisione tiene l’errore in agguato.
Eppure, è possibile, forse anche conveniente, prendere le misure dell’Europa in modo non autistico, concependole come espressioni di relazione tra l’Europa e il suo mondo che è Europa solo se è l’intero mondo.
Le misure dell’Europa come unità di relazione anziché come identità assoluta permettono di concepirla grande in grazia della sua piccolezza militare e piccina quando manifesta pruriti di grandezza.
Al contrario di ciò che il canone politico ritiene, la forza dell’Europa sta nella sua debolezza militare, la sua consistenza strategica è direttamente proporzionale all’inconsistenza dei suoi armamenti, il suo benessere non è limitato dalla sua scarsa forza bellica ma è seriamente messo in pericolo dalla sua,
per ora solo accennata, volontà di potenza.
Inoltre, se l’Europa provasse a superare il gap militare con le altre grandi potenze, quanto tempo impiegherebbe? Con quali costi? E nella corsa agli armamenti, non finirebbe dissanguata come l’URSS?
Ogni soggetto politico ritiene sempre valida l’equazione potere militare=forza economica.
Ogni soggetto politico desidera aumentare la sua sfera d’influenza ritenendo così di
ottenere enormi vantaggi competitivi.
Le sfere d’influenza un tempo cristallizzavano le gerarchie di potere planetario. Ora sono ingiallite mummie dell’impotenza globale.
Ma l’Europa non è un soggetto politico pari agli altri. L’Europa unita – una prima, larvale espressione dell’Europa a venire – deve il suo potere alla sua flebile potenza bellica. L’Europa unita non nasce da una grande vittoria militare, ma dall’infamia della più grande sconfitta.
L’Europa unita è resa possibile solo dall’abbraccio tra nemici inceneriti dalle proprie guerre dopo secoli di contesa del medesimo spazio.
La politica è tarda di memoria. Eppure chiunque, nell’ultimo tempo, abbia puntato sull’intervento militare, ha ricevuto solo reiterate umiliazioni sul campo,
ottenendo in più solo svantaggi in termini di penetrazione economica e di controllo delle aree geografiche interessate. Di contro, i paesi al riparo dalla competizione militare e dai suoi immensi costi di protezione, hanno avuto ritmi di sviluppo prodigiosi.
Le macerie sono il mercato ideale per le armi ma il mercato delle armi da almeno un secolo è un’infinitesima parte del mercato totale.
I mercanti di armi non sono solo stolti assassini, sono anche dei pessimi mercanti.
Anche l’Europa ha i suoi Afghanistan: tra gli altri, la Siria e la Libia dove più paesi che si pretendono europei hanno pensato stoltamente di inzupparsi nel torbido sicuri di ottenere notevoli vantaggi.
Dal Vietnam alla Libia, passando per l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, gli attori politici del mondo intero si comportano come vivessero ancora ai tempi di Machiavelli. Ma le regole della guerra sono nel frattempo completamente mutate.
Le vere guerre del presente non si vincono con le armi, anzi si perdono con esse.
Per vincere davvero una guerra nello spazio terrestre bisogna evitare accuratamente di usare le armi. Solo chi ci riesce può ritenersi vittorioso.
I contendenti di una guerra a base d’armi sono
sconfitti già prima di iniziare a combattere indipendentemente dall’esito militare del conflitto.
Le armi sono solo zavorra di cui liberarsi se si vuole volare.
È in ambiente extraterrestre lo spazio prediletto delle guerre prossime venture.
Nello spazio extraterrestre e nel giuoco. Il rapporto tra giuoco e guerra si è invertito.
Un tempo il giuoco simulava la guerra. Ora è la guerra a simulare il giuoco. Non è più il giuoco a preparare gli umani alla guerra, ma al contrario, la guerra a preparare gli umani al giuoco.
Per l’economia globale l’esercizio delle armi ha un effetto molto più inibitorio che benefico.
Per esportare la qualsiasi cosa non servono le armi. Le informazioni in forma di idee, di spettacolo, di bit, di denaro e di relazioni bastano e avanzano.
Il multipolarismo, il bipolarismo o l’impero non funzionano più. Resistono come antichi retaggi di una storia consunta. Sconfitta irrimediabilmente dalle sue stesse armi.
L’Europa non è condannata a rimanere un soggetto politico, ma a divenire un vettore pianetico.
L’Europa vettore pianetico. Cosa vuol dire? Vuol dire che, proprio in virtù della sua inconsistenza militare, l’Europa è costretta a guardare il pianeta da
altra prospettiva.
Non come parte in ansia di conquistare il tutto, ma come parte di un tutto interamente da definire e da condividere, oggi, domani e sempre.
Il carattere dell’Europa è oblativo. Il suo disinteresse è nell’interesse del mondo intero.
L’Europa per riconoscersi ha bisogno di specchiarsi nel pianeta.
Ogni altro luogo non può che guardare all’Europa se l’Europa si sottrae allo sguardo proprietario.
Il Pianeta è uno spazio aperto in cui chiunque è in grado di giocare la sua parte a condizione che tutti possano giocare senza carte truccate dalle armi.
Non ha senso tentare di esportare la democrazia o di imporre i propri valori. Essi, se hanno sensibilità, affetti e forza diffusiva, si impongono da sé senza bisogno di agenti autoritari e armati a esportarli.
I valori dell’Europa, ammesso che qualcuno riesca con precisione a definirli, non sono migliori o peggiori di altri. Ciascuno li vede tali solo se indossa gli occhiali dell’identità che rendono ciechi anche i falchi.
Non c’è bisogno di modelli. Il pianeta si modella secondo le sue volontà che sono
molteplici, come i suoi valori, e sempre in discussione poiché in perenne gestazione.
Riconoscersi peggiori o migliori è l’atto principiale del disastro.
L’Europa non aspira a nessun primato.
L’Europa è prima in ogni cosa come ogni altra cosa.
Prima tra tutti i primi resi tali solo se si abbandona la folle voglia di diventare primi degli ultimi o primi fra gli ultimi.
Non avere alcun primato da salvaguardare o da rivendicare è la condizione fondamentale per divenire primi anche tra non pari. Per divenire prima in tal guisa l’Europa non può che abdicare alla forza militare rendendo così più forte il pianeta sia nel suo insieme sia in ogni singola parte.
Ciò che si prospetta non è un mero modello pacifista. La pace è la condizione agognata di ogni guerra. Guerra e pace sono gemelli siamesi. Nella contesa chiunque è colpevole tranne i disertori e gli abdicanti.
La geopolitica dell’Europa fa cilecca.
La politica, nata in quello spazio definito Europa, qui ha mostrato il suo fallimento.
Non c’è governo della polis senza governo del pianeta. Ma il governarsi del pianeta non è affare di comandanti militari, di condottieri, di produttori d’armi.
L’Europa ha bisogno di difendersi. Ma la sua più grande difesa non sono gli eserciti, il nucleare, le armi. La sua difesa massima è l’intelligenza. L’intelligenza che è l’esatto contrario dell’intelligence. Non sono i servizi segreti a tenerla in salvo. Sono invece
i servizi evidenti.
Intorno al covid, alle questioni monetarie e al cambiamento climatico Europa mundi ha iniziato molto timidamente a intravedersi.
Se il pianeta è libero, l’Europa lo sarà. Se il pianeta è salvo, l’Europa non mancherà di godere della sua salvezza. Se il pianeta è ricco, l’Europa non si trastullerà nella miseria.
L’Europa è la placca dell’idea di mondo necessaria per bloccare la deriva politica di questo come di ogni altro spazio incontinente.
Europa mundi è terra, oceano, cielo. Europa mundi è in Asia, è Africa. Europa mundi è sponda del mondo intero. È il mondo nuovo di ogni mondo. Ed è il mondo di ogni nuovo mondo.
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